La relazione con la madre – 8 novembre 2014

La differenza tra una madre buona e una cattiva non sta nel commettere errori, ma in ciò che si fa degli errori commessi.

D.W. Winnicott

 

La relazione con la madre……nell’immaginario collettivo è una madre che tiene tra le braccia il suo bambino e lo guarda con amore. La madre ci porta in grembo per nove mesi e il legame con lei è assoluto: dipendiamo da lei in tutto e lei ci nutre non solo in senso fisico,ma anche emotivo. Veniamo al mondo in modo violento e l’unica cosa che ci consola sono le braccia di nostra madre e il suo tenerci al petto. Da subito ne individuiamo l’odore che diventerà il nostro riferimento sicuro nei primi mesi. Poi sviluppando gli altri sensi cominciamo a costruirci un codice interno su cosa fare per essere amati da nostra madre, perchè lei è la protagonista indiscussa dei nostri primi anni di vita. E’ proprio a causa di questo grande amore e attaccamento che crescendo iniziano i conflitti con lei. Winnicott, pediatra e psicologo, pioniere degli studi della relazione madre e figlio (1896-1971), afferma che, all’inizio della vita, ognuno esiste solo in quanto parte di una relazione e, le sue possibilità di vivere e svilupparsi, dipendono totalmente dal soddisfacimento del bisogno primario di attaccamento e appartenenza ad un Altro (madre/caregiver) che si prenda cura di lui e gli dia qual senso di sicurezza e intimità che sono basilari per la crescita.
Come in ogni relazione d’amore da una fase di innamoramento cieco, si deve passare all’amore vero fatto di scoperta e accettazione dell’altro. Ed è nello scoprire che l’altro non è a nostra immagine e somiglianza ma è un individuo a se che iniziano i conflitti.
Quelli con la madre possono essere conflitti dolorosissimi, tanto grandi quanto grande è stata la simbiosi con lei nei primi anni di vita.
Ma la madre è stata a sua volta una figlia, a sua volta ha sofferto per amore verso una madre e se non ha risolto i suoi sospesi tenderà a ripetere gli stessi errori subiti.
Una relazione quindi non sempre facile che può essere risolta solo riconoscendo i limiti, gli errori commessi,le sofferenze date e subite, e aprendo poi il cuore al perdono.
L’amore della madre viene identificato nell’amore compassionevole,un amore che accoglie l’altro per quello che è. E’ facile amare un figlio quando dipende totalmente da noi, quando ci cerca e ci desidera perchè vede in noi la perfezione. Diventa più difficile amarlo nello stesso modo quando comincia a differenziarsi dai nostri modelli comportamentali, quando comincia a chiedere autonomia, quando comincia ad allontanarsi.
E per un figlio è difficile accettare che crescere significa non essere più amato come prima, essere contestato, essere spesso giudicato attraverso un metro che non è stato ancora sperimentato nella vita  e  sembra quindi ingiusto e limitato.
Forse il segreto di una buona relazione con la madre non è dare per scontato che questa relazione debba esistere perchè così è scritto in una legge morale comune. Forse è invece cercare di costruire una relazione sana, cercare la strada dell’empatia, mettersi nei panni di quella madre, delle sue paure e dei suoi limiti e di accettare che non è più quell’essere perfetto dei nostri primi anni di vita, ma è una PERSONA che combatte come può le sue battaglie.
Se accetto e rispetto i suoi limiti, se accetto e rispetto i miei limiti, allora posso perdonare ciò che mi ha fatto soffrire nel passato e posso costruire una relazione autentica, nella misura in cui questa relazione è “buona” per noi.
Troppo spesso le relazioni affettive con una madre si basano su sensi di colpa, sensi del dovere che provocano a loro volta risentimenti sotterranei.
Imparare a vedere l’altro e in questo caso nostra madre, nel modo più autentico ci mette nella condizione di aprire il cuore o dove necessario, di perdonare e mettere quello spazio per una sana relazione con chi ci ha messo al mondo.
Ci permette di essere liberi di amare quella madre o di non amarla, ma senza nessun sospeso che continua a legarci a lei, ricordandoci che a una madre buona o cattiva che sia stata si dovrà sempre riconoscere un merito: averci permesso di venire al mondo e di vivere quella esperienza straordinaria che è la vita.